sabato 12 dicembre 2009

Crowd Design

O per dirla con Alterdestiny: "Potrebbe la folla progettare un'automobile meglio di Detroit?"




Arriva dagli USA l'esperienza di Jay Rogers co-fondatore di Local Motors, un brand automobilistico in start up completamente fondato sul crowdsourcing che arriva ad utilizzare un approccio totalmente collaborativo e distribuito anche dal lato produzione oltre che su quello del design.

Roger ha allestito un sito Web per catalizzare una vasta comunità online costituita da oltre 2000 "designers" appartenenti a 121 paesi. Il primo progetto di auto si è "generato" in meno di tre mesi, obiettivo che solitamente richiede a Detroit 2 anni.

"Crowdsourcing is a powerful thing. Open, collaborative development is more fun for our community than private non-inclusive," Rogers says. "This method ensures that our community and customers are excited about the end product because they get to vote and choose the winning design."
"Il Crowdsourcing è una cosa potente. Uno sviluppo collaborativo, aperto è più divertente per la nostra comunità di uno privato non-inclusivo. Dice Rogers.
"Questo metodo assicura che la nostra comunità e i clienti siano eccitati dal vedere come il prodotto si conclude perchè possono votare e scegliere il progetto vincitore."


Tutte le fasi della progettazione e dello sviluppo sono strutturate attraverso competitions nelle quali vengono scelte, dai membri stessi della comunità attraverso il voto, le migliori soluzioni proposte che oltre ad essere premiate vengono poi implementate.


L'apporto della community costituita da designers, clienti, artigiani, semplici appassionati etc. non è semplicemente limitato allo sviluppo dei modelli o degli allestimenti ma si estende, attraverso le Micro Factories (piccole unità produttive distribuite nel territorio), ai nodi della filiera solitamente costituiti dalle figure del "produttore" e del "consumatore".
Dopo aver partecipato al processo di di ideazione progettazione e sviluppo, è possibile per i membri della community prenotare presso una delle Micro Factories quella che nella brochure aziendale è definita "The Total Experience" : una sessione di 2 weekend (6 giorni) in cui, supportati da tutors e all'interno di un programma personalizzato in base alle proprie attitudini e capacità realizzative si viene messi in condizione di costruire, è proprio il caso di dire, "con le proprie mani" la propria auto, l'auto dei sogni, unica ed irripetibile quella che tutti gli spot di tutti i brand hanno sempre promesso, mentendo...e fin troppo ovviamente, sapendo di mentire.

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giovedì 25 giugno 2009

Filiera 2.0: Aragoste & stelle marine

La struttura della filiera "tradizionale", affermatasi dalla fine degli anni '70 e a tutt'oggi ancora dominante, può essere facilmente assimilata ad una Aragosta.


Le parti del suo corpo corrispondono ai passaggi che avvengono dalla produzione alla commercializzazione di un prodotto e, non a caso, tra di essi quello corrispondente alla componente Distribuzione assume un ruolo dominante nel processo di formazione del prezzo e non solo.
La conoscenza diretta del mercato in termini operativi (dati di vendite, contatto con grossisti e punti vendita, reazione dei consumatori etc.) estremamente approfondita e capillare che la Distribuzione può vantare assicura a questa parte della filiera un elevatissimo potere di condizionamento del mercato in tutte le sue componenti, da quella produttiva a quella del "consumo".

E' sotto gli occhi di tutti infatti quanto lo "strapotere" della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) sia capace di dominare completamente lo strutturarsi della filiera, si pensi ad esempio a quello che avviene in settori come quello Agroalimentare e nello specifico con effetti ancora più evidenti nel comparto dell'Ortofrutta (ma non solo): il potere di influire nella catena di formazione del prezzo da parte degli estremi della filiera (Produzione da un lato e Consumatori dall'altro) è praticamente nullo con il risultato di avere un pressoché continuo e costante aumento dei prezzi al consumo a fronte di un altrettanto continuo e costante crollo dei prezzi alla produzione.

Quello che l'avvento delle tecnologie 2.0 e del paradigma che ne consegue sta provocando è un ulteriore spostamento del "controllo del potere" nella formazione dell'Offerta diretto sempre più verso il lato del consumo.
Una maggiore possibilità di informarsi, confrontare, commentare i prodotti e la performance aziendale da parte dei consumatori li sta progressivamente trasformando in co-creatori in grado di influire oggettivamente sulle scelte e sui processi di formazione dell'Offerta aziendale e di filiera.
- Non sarebbe forse il caso di iniziare a ridiscutere la forma e la struttura stesse della filiera oltre che, ovviamente, dell'azienda?
- A quando l'avvio di un serio e diffuso confronto su un reale processo di trasformazione che riconosca i nuovi rapporti di forza?
Lavorare ad una idea di filiera che si avvicini sempre più alle "mirabolanti" (senza ironia) proprietà della Stella Marina sarebbe senz'altro più che auspicabile, sicuramente più che il protrarsi di evanescenti ed improbabili dibattiti sull'Innovazione destinati a passare di moda senza essere stati della benché minima utilità.

E' inoltre fin troppo evidente che capire ed implementare le conseguenze dei cambiamenti in atto sarebbe utile ed opportuno anche in termini di civiltà oltre che di competitività.

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martedì 7 aprile 2009

Quale Made in Italy?









Il Made in Italy versa da tempo in una situazione di progressivo calo di competitività nei confronti di prodotti che vengono percepiti come "simili" o comunque in qualche modo paragonabili quantomeno riguardo a quelle che potremmo definire condizioni di utilizzo. A questa categoria di prodotti appartengono ovviamente i "falsi" e, cosa ancora più grave, tutti quei prodotti che esprimono un rapporto qualità/prezzo giudicato migliore dai mercati internazionali in quanto basato su caratteristiche che non vengono più percepite come realmente uniche e identificative del prodotto italiano.

In questa situazione non è certo di grande aiuto il fatto che grandi brands del Made in Italy delocalizzino le loro produzioni pur mantenendo, in virtù del fatto che non esiste una reale tutela normativa delle produzioni autenticamente realizzate in Italia, l'indicazione d'origine in etichetta producendo in questo modo un doppio effetto:da un lato un progressivo svuotamento del valore del "marchio" Made in Italy e dall'altro l'immissione nel mercato di una enorme quantità di prodotti realizzati in molti casi dagli stessi fornitori dei brands italiani che finiscono "fuori fornitura" nel mercato illegale del falso, anche perchè in realtà non è possibile definirli come tecnicamente falsi.

Se in questo scenario il cosiddetto alto di gamma e con esso i brands rivolti al mercato dei beni di lusso riescono bene o male (in molti casi piuttosto male) a tenere botta, lo stesso non può dirsi per il mondo delle piccole imprese artigiane e delle PMI in generale, infatti per tutto questo mondo che rappresenta il grosso del tessuto produttivo italiano e che soffre da sempre di un elevatissimo livello di polverizzazione sul territorio e di estrema specializzazione produttiva restare sul mercato con prodotti competitivi è sempre più difficile. Per la singola piccola impresa infatti non è nemmeno pensabile, almeno nella maggior parte dei casi, decidere di affrontare i costi di una adeguata attività di ricerca e sviluppo e che invece rappresenta forse l'unica chance di sopravvivenza in quanto in grado di spostare il livello della competizione dal terreno dei costi a quello delle "idee" e di restituire al prodotto italiano quelle caratteristiche di unicità che in passato lo distinguevano inconfondibilmente.

E' fin troppo evidente come il Design possa rappresentare la migliore arma a disposizione delle aziende per affrontare la sfida con successo, a patto di riuscire ad inquadrare l'attività di progettazione in un nuovo contesto ideativo ed organizzativo, ispirato ed informato dai principi del "paradigma" 2.0. Si potrà approdare così ad una nuova generazione di prodotti in cui il know how della piccola e media impresa italiana possa essere messo a sistema nell'ambito di un diverso e nuovo rapporto con l'idea stessa di prodotto, in grado di valorizzare il patrimonio di conoscenze fino ad oggi accumulato e non più adeguatamente apprezzato e riconosciuto all'interno di prodotti concepiti ancora in maniera strutturalmente e forse ormai anacronisticamente "tradizionale".

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lunedì 30 marzo 2009

L' Azienda 2.0


l‘azienda 1.0



1 - l’azienda crea la marca; 2 - la marca dà vita al prodotto; 3 - la comunicazione “promuove” il prodotto; 4 - la distribuzione diffonde il prodotto; 5 - il consumatore recepisce passivamente il prodotto ed è costretto a scegliere tra prodotti inevitabilmente “simili”.

Il potere “persuasivo” della pubblicità si affievolisce sempre più.

l‘azienda 2.0
La capacità della comunicazione 2.0 di far colloquiare e di restituire feedback è preziosa, è infatti in grado di creare relazioni bidirezionali fra i vari protagonisti del mercato.Il sistema-prodotto deve essere, e può esserlo, abbastanza flessibile da accogliere le idee, le variazioni, le richieste, i cambiamenti suggeriti dai vari attori (clienti b2b, “utenti” finali, partners, etc.) La costruzione dell’offerta diventa un processo condiviso in cui i “consumatori” passivi diventano co-autori di ciò che acquisteranno, contribuendo in questo modo alla costruzione di un patrimonio comune di cui l’azienda è custode e garante.

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martedì 24 marzo 2009

Il Design è morto, viva il Design!

Ad una distratta lettura della realtà attuale del mercato ci si potrebbe chiedere: quando sarà di nuovo possibile tornare a investire su nuovi prodotti, e soprattutto su che tipo di nuovi prodotti?
La risposta rischierebbe di essere altrettanto poco puntuale se tentasse di prevedere tempi che al momento non sembrano essere così chiari. Il rischio maggiore nell'affrontare il problema in termini di "superamento della crisi" è quello di non collocare nel giusto ruolo le conseguenze della natura sistemica del problema.
E' forse il caso di chiedersi se fino ad oggi il mercato non abbia per così dire "assorbito" una quantità fin troppo elevata di prodotti e servizi unidirezionali, basati su un modo di (non) intendere le molteplici relazioni che inevitabilmente si stabiliscono fra prodotto(azienda) e mercato(clienti/distributori/fornitori/media/etc.) e che andrebbero invece coltivate, promosse, supportate al fine di rendere tutti gli attori del mercato parte attiva di un processo "collaborativo" di creazione dell'offerta.
Il carattere undirezionale (azienda>prodotto>distribuzione>comunicazione>clienti) della maggior parte della produzione corrente rende rigido e statico ciò che può essere flessibile e dinamico per cui di fronte ad una contrazione della domanda non si dispone degli strumenti adatti per condividere in maniera "sistemica" con tutta la filiera la necessità/possibilità di rimodellare costantemente l'offerta nelle sue varie componenti.
Il ruolo del Design nella creazione di sistemi-prodotto adatti alla navigazione nelle mutevoli acque del mercato del XXI° secolo può essere decisivo a patto che se ne liberino le potenzialità di visione globale senza ricadere in virtuosismi di carattere meramente estetico/funzionale dal sapore attardatamente novecentista.

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mercoledì 11 febbraio 2009

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Benvenuti nello shop di Crea "le idee delle mani"!






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